Tuesday, April 19, 2011

Il tuo spazio vitale

Leggiamoci insieme questo bell'articolo di Repubblica e iniziamo a chiederci come mai le realtà più disordinate e caotiche portino (prevalentemente) alla crescita di individui gretti e sempliciotti. Dai, ok, ho esagerato. Però ricordate di quando ho scitto che gli stereotipi sono semplificazioni necessarie? L'articolo di Science citato da Repubblica ha perfettamente ragione a sottolineare che in un ambiente caotico, e quindi più imprevedibile, un numero maggiore di semplificazioni sono necessarie per il nomale funzionamento quotidiano. Dall'altro lato, sono convinto che crescere in un ambiente socialmente impegnativo come (semplifico) Napoli generi in percentuale individui più furbi e smaliziati, portati alla semplificazione e quindi all'intuizione, piuttosto che all'analisi. Parlando di luoghi comuni, non so se un napoletano sia più intelligente di un giapponese, certo è che il primo sarà più veloce a capire i meccanismi che sottostanno ad un certo fenomeno, o almeno a costruirne una propria interpretazione approssimata (che può anche essere errata), mentre il secondo effettuerà un ragionamento più critico, propenso a cogliere eventuali contraddizioni e meno influenzato dalle etichette che tutti noi abbiamo per contrassegnare dei ragionamenti esclusi a priori. Ho colto abbastanza nel segno? Spero di sì. L'importante è dunque non dare dei giudizi di merito, ma capire le regole che animano il flusso dei nostri pensieri.

Certo è che gli stereotipi e la semplificazione sono un'arma fondamentale della politica, e non mi riferisco soltanto alle propagande e alle elezioni, ma anche ai semplici dibattiti di confronto. Provateci voi a confrontarvi con un romano medio. Vi massacrerà con due battute sagaci fregandosene dell'argomentazione logica sottostante. Ha la perspicacia dalla sua, la furbizia, l'intuizione. E così nei dibattiti l'avrà vinta chi da sempre si arrangia perchè ha la mente più svelta, temprata dalle difficoltà. E questo ha le ripercussioni politiche che da vent'anni vediamo nel nostro paese: il gusto per la boutade, l'arraffa arraffa generale, l'espressione da furbetti della nostra classe politica. Tu guarda il Giappone, invece. Mezzo disastro nucleare e tutti che si danno da fare, che cercano di ristabilire l'ordine, che riprendono a vivere come sempre. Da noi duemila migranti sono l'ostacolo inaffrontabile che paralizza tutte le discussioni. Io non lo so quale delle due strutture organizzative sia migliore (quella giapponese, per dire, è asfissiante), mi limito a tracciare la forma, a seguire il disegno.

Un pensiero che mi porta spesso a riflessioni inconcludenti è chiedermi come mai le parti del mondo con il clima migliore siano anche quelle in cui la qualità dei servizi, secondo gli standard normalmente adottati, è anche al livello più basso. Non so se sia la tipologia dei suoi abitanti ad aver costruito città disorganizzate, e che queste poi abbiano influito sulla personalità dei loro abitanti, oppure se sia avvenuto il contrario. L'uovo o la gallina? Sta di fatto che c'è un circolo vizioso che bisognerebbe frenare. La mia mente va a Berlino, con le sue strade enormi, la sua precisione, i suoi polmoni verdi. O alla semplicità di un piatto di sushi. Io non so quale sia la soluzione migliore. Forse bisognerebbe vivere a Roma. Forse a Berlino. Io mi accontento di viaggiare.

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